Disma
Questa storia del buon ladrone che finisce dritto in Paradiso è uno degli episodi più confortanti di tutto il Vangelo. Cioè, pensateci un attimo: il primo ad andare in Paradiso (o almeno, il primo di cui siamo sicuri) è stato uno che fino a dieci minuti prima aveva rubato e ammazzato in allegria. Un criminale, un farabutto, un immorale, uno – per intenderci – che i bookmakers di allora davano in Paradiso 1 a 50mila. Eppure… zac: dritto dritto, senza nemmeno farsi il Purgatorio.
Ogni volta che ci penso, mi siedo un secondo e tiro un sospiro di sollievo: c’è speranza anche per me.
Ma cosa ci dice la storia del buon ladrone? La prima evidenza è che non è mai troppo tardi per dire il nostro sì, che Dio ci aspetta fino all’ultimo secondo, e perdona perfino una vita di peccati se ci abbandoniamo a Lui. Ma mi pare che Disma ci insegni anche una posizione buona non solo per il sì in zona Cesarini, ma anche per la vita intera.
La differenza tremendamente sostanziale tra il ladrone di destra e quello di sinistra è stata proprio nella posizione di Disma di fronte a Gesù: mentre l’altro lo sfida quasi risentito, come facciamo noi ogni giorno dicendo “se sei Dio, se ci sei davvero, dimostramelo, e dammi quello che voglio io” (per lui era di tirarlo giù dalla croce, per noi sono le mille stupidaggini quotidiane delle quali ci lamentiamo e sulle quali pretendiamo di fondare la dimostrazione che Dio non ci ascolta), per Disma la posizione è stata l’opposto. Lui non ha detto “se sei Dio dimostramelo facendo come ho in testa io”, ma l’ha semplicemente riconosciuto. E da quel riconoscimento gli è venuta l’intuizione con la quale si è messo in saccoccia la vita eterna: “Tu che sei Dio” (ecco il riconoscimento, non il dubbio) “… ricordati di me”.
Cioè: non “fai quello che ti chiedo”, non “fammi andare le cose come dico io”, ma “fammi stare con Te”.
Disma non ha chiesto a Gesù cose ormai del tutto irrilevanti, ma gli ha domandato l’unica cosa che davvero valeva.
E così ha vinto, anzi direi che ha stravinto.
Questa storia del buon ladrone che finisce dritto in Paradiso è uno degli episodi più confortanti di tutto il Vangelo. Cioè, pensateci un attimo: il primo ad andare in Paradiso (o almeno, il primo di cui siamo sicuri) è stato uno che fino a dieci minuti prima aveva rubato e ammazzato in allegria. Un criminale, un farabutto, un immorale, uno – per intenderci – che i bookmakers di allora davano in Paradiso 1 a 50mila. Eppure… zac: dritto dritto, senza nemmeno farsi il Purgatorio.
Ogni volta che ci penso, mi siedo un secondo e tiro un sospiro di sollievo: c’è speranza anche per me.
Ma cosa ci dice la storia del buon ladrone? La prima evidenza è che non è mai troppo tardi per dire il nostro sì, che Dio ci aspetta fino all’ultimo secondo, e perdona perfino una vita di peccati se ci abbandoniamo a Lui. Ma mi pare che Disma ci insegni anche una posizione buona non solo per il sì in zona Cesarini, ma anche per la vita intera.
La differenza tremendamente sostanziale tra il ladrone di destra e quello di sinistra è stata proprio nella posizione di Disma di fronte a Gesù: mentre l’altro lo sfida quasi risentito, come facciamo noi ogni giorno dicendo “se sei Dio, se ci sei davvero, dimostramelo, e dammi quello che voglio io” (per lui era di tirarlo giù dalla croce, per noi sono le mille stupidaggini quotidiane delle quali ci lamentiamo e sulle quali pretendiamo di fondare la dimostrazione che Dio non ci ascolta), per Disma la posizione è stata l’opposto. Lui non ha detto “se sei Dio dimostramelo facendo come ho in testa io”, ma l’ha semplicemente riconosciuto. E da quel riconoscimento gli è venuta l’intuizione con la quale si è messo in saccoccia la vita eterna: “Tu che sei Dio” (ecco il riconoscimento, non il dubbio) “… ricordati di me”.
Cioè: non “fai quello che ti chiedo”, non “fammi andare le cose come dico io”, ma “fammi stare con Te”.
Disma non ha chiesto a Gesù cose ormai del tutto irrilevanti, ma gli ha domandato l’unica cosa che davvero valeva.
E così ha vinto, anzi direi che ha stravinto.