Siamo tutti un po’ podalici
Recentemente ho avuto la ventura di assistere ad un parto cesareo. Cioè, non è che passassi di lì per caso: effettivamente stavano facendo nascere mio figlio.
Tant’è che mi sono reso conto di una cosa a cui non avevo mai pensato: per il bambino la nascita tramite cesareo è un fulmine a ciel sereno, una cosa che lo coglie completamente impreparato. Invece di tutto il processo, lungo molte ore, nel quale la natura lo prepara a cambiare ambiente, nel caso del cesareo lui è lì bello tranquillo e ad un certo punto arriva uno che gli scoperchia la casa e lo tira fuori ex-abrupto, quasi con violenza, verso un mondo dove tutto gli è estraneo e dove tutto, dal mangiare al respirare, è maledettamente scomodo e complicato. Non ho ancora avuto l’opportunità di chiederglielo, ma credo che debba essere stata una terribile seccatura.
Poi però ho pensato a come una cosa banale come il parto cesareo sia in realtà ciò che fa sopravvivere un bambino che – per un meccanismo naturale che si è inceppato – di suo sarebbe morto. Il discrimine tra morire e vivere: mica roba da niente.
Ecco, mi sembra che questa dinamica accada molte volte nella nostra vita. Centinaia di volte siamo podalici, siamo in una posizione sbagliata che non ci permette di vivere. Siamo girati sbagliati. E – grazie al cielo – prima o poi arriva un chirurgo che ci fa violenza, e senza chiedere il nostro parere scoperchia il nostro orizzonte, genera una rottura e ci tira fuori, causando una terribile seccatura e un istintivo rifiuto. Eppure, proprio quella mossa è ciò che ci salva dalla nostra posizione sbagliata.
Non fa differenza che il chirurgo sia un amico che irrompe nel nostro guscio protettivo, un evento che ci sconvolge la vita o una circostanza triste e dolorosa che ci obbliga a cambiare prospettiva: quel che importa è che queste cose accadono, e che dobbiamo essere grati quando accadono. Anche la più terribile. Perché anche il chirurgo più brutto, col fiato puzzolente e le mani che tremano, alla fine fa la differenza tra chi nasce e chi no.
Bisognerebbe ricordarselo più spesso, in sede di lamento verso le persone o le cose della vita che istintivamente non ci vanno a genio.
Recentemente ho avuto la ventura di assistere ad un parto cesareo. Cioè, non è che passassi di lì per caso: effettivamente stavano facendo nascere mio figlio.
Tant’è che mi sono reso conto di una cosa a cui non avevo mai pensato: per il bambino la nascita tramite cesareo è un fulmine a ciel sereno, una cosa che lo coglie completamente impreparato. Invece di tutto il processo, lungo molte ore, nel quale la natura lo prepara a cambiare ambiente, nel caso del cesareo lui è lì bello tranquillo e ad un certo punto arriva uno che gli scoperchia la casa e lo tira fuori ex-abrupto, quasi con violenza, verso un mondo dove tutto gli è estraneo e dove tutto, dal mangiare al respirare, è maledettamente scomodo e complicato. Non ho ancora avuto l’opportunità di chiederglielo, ma credo che debba essere stata una terribile seccatura.
Poi però ho pensato a come una cosa banale come il parto cesareo sia in realtà ciò che fa sopravvivere un bambino che – per un meccanismo naturale che si è inceppato – di suo sarebbe morto. Il discrimine tra morire e vivere: mica roba da niente.
Ecco, mi sembra che questa dinamica accada molte volte nella nostra vita. Centinaia di volte siamo podalici, siamo in una posizione sbagliata che non ci permette di vivere. Siamo girati sbagliati. E – grazie al cielo – prima o poi arriva un chirurgo che ci fa violenza, e senza chiedere il nostro parere scoperchia il nostro orizzonte, genera una rottura e ci tira fuori, causando una terribile seccatura e un istintivo rifiuto. Eppure, proprio quella mossa è ciò che ci salva dalla nostra posizione sbagliata.
Non fa differenza che il chirurgo sia un amico che irrompe nel nostro guscio protettivo, un evento che ci sconvolge la vita o una circostanza triste e dolorosa che ci obbliga a cambiare prospettiva: quel che importa è che queste cose accadono, e che dobbiamo essere grati quando accadono. Anche la più terribile. Perché anche il chirurgo più brutto, col fiato puzzolente e le mani che tremano, alla fine fa la differenza tra chi nasce e chi no.
Bisognerebbe ricordarselo più spesso, in sede di lamento verso le persone o le cose della vita che istintivamente non ci vanno a genio.